Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/489

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11.Su basi di smeraldo e di rubino
talamo ben guernito in mezo stassi.
I seggi intorno ha di topazio fino,
d’ametisto Indi’an le rote e gli assi.
Duo mostri il tranno; han d’uomo e di delfino
questi le membra, e d’ambo un misto tassi.
Umana forma ha quella parte ch’esce
de Tacque, il deretan termina in pesce.

12.Cosí talor vid’io pianta feconda
quinci e quindi spiegar varia la chioma,
s’avien ch’arte cultrice in lei confonda
l’uve natie con l’adottive poma;
che mescolando il pampino e la fronda
curva le verdi braccia a doppia soma:
onde congiunte in un vagheggia Autunno
le ricchezze di Bacco, e di Vertunno.

13.Una, i’ non saprei dir se Ninfa o Diva,
dal tronco, ov’è legato, il carro slega,
e dritto ov’è la coppia, invèr la riva
le redine rivolge e ’l corso piega.
Poi con favella affabile e festiva
la ricca poppa ad aggravar lor prega.
Hidrilia ha nome, e giá la bella salma
introdotta nel legno, il legno spalma.

14.Per la tranquilla e placida peschiera
ne vanno insieme a tardo solco e lento,
dove guizzano i pesci a schiera a schiera,
quasi in ciel cristallin stelle d’argento.
Adon l’amenitá de la costiera
e de la conca i fregi ammira intento,
e la bella Nocchiera invitatrice
mentre siede al timon, cosí gli dice: