Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/504

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71.Legge omai piú non v’ha, la qual per dritto
punisca il fallo, o ricompensi il merto.
Sembra quanto è fin qui deciso e scritto
d’opini’on confuse abisso incerto.
Da le calunnie il litigante afflitto
somiglia in vasto mar legno inesperto.
Reggono il tutto con affetto ingordo
passi’on cieca, ed interesse sordo.

72.La Rota eletta a terminar le liti
qual nova d’Issíon rota si volve,
e con giri perpetui ed infiniti
trattien l’altrui ragion, né la risolve.
Pur que’ lunghi intervalli alfin spediti,
spesso il buon si condanna, e ’l reo s’assolve.
De l’oro, al cui guadagno è il mondo inteso,
la bilancia d’Astrea trabocca al peso.

73.Tennemi pur assai la patria bella
dentro i confin de le native soglie,
dico Napoli mia, che la sorella
de la Sirena tua sepoita accoglie.
Ma perché l’uom ne l’etá sua novella
è pronto a variar pensieri e voglie,
vago desio mi spinse, e mi dispose
a cercar nove terre, e nove cose.

74.Mossemi ancor con falsi allettamenti
la pcTSiiasi’on de la speranza,
ed al sacro splendor degli ostri ardenti
mi trasse pien di giovenil baldanza,
si ch’a l’altrice de le chiare genti
chiesi mercé di riposata stanza,
credendo Amor vi soggiornasse, come
par che prometta il suo fallace nome.