Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/550

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39.Egli è dunque da dir, che piú secreta
colá s’asconda, ed esplorata invano
altra cagion, che penetrar si vieta
a l’ardimento de l’ingegno umano.
Or io ti fo saver, che quel Pianeta
non è (com’altri vuol) polito e piano,
ma ne’ recessi suoi profondi e cupi
ha non men che la terra, e valli e rupi.

40.La superficie sua mal conosciuta
dico ch’c pur come la terra istessa,
aspra, ineguale, e tumida e scrignuta,
concava in parte, in parte ancor convessa.
Quivi veder potrai (ma la veduta
noi può raffigurar, se non s’appressa)
altri mari, altri fiumi, ed altri fonti,
cittá, regni, provincie, e piani, e monti.

41.E questo è quel che fa laggiú parere
nel bel viso di Trivia i segni foschi:
ben eh’altre macchie, ch’or non puoi vedere,
vo eh entro ancor vi scorga e vi conoscili,
che son piú spesse, e piú minute e nere,
e son pur scogli, e colli, e campi, e boschi.
Son nel piú puro de le bianche gote,
ma da terra affisarle occhio non potè.

42.Tempo verrá che senza impedimento
queste sue note ancor fien note e chiare,
mercé d’un ammirabile stromento
pei cui ciò ch’è lontan, vicino appare;
e con un occhio chiuso e l’altro intento
specolando ciascun l’orbe lunare,
scorciar potrá lunghissimi intervalli
per un piccini cannone e duo cristalli.