Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/230

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287.De le mense amorose Arpie nocenti,
al riposo mortai Larve moleste.
La vita è un prato, e voi siete i serpenti,
voi sol d’ogni piacer siete la peste.
Senza turbini il Cielo e senza venti,
senza procelle il mar, senza tempeste
quanto piú lieto fora, e piú giocondo?
e senza morte, e senza Vecchie il mondo?

288.Furie crude e proterve, onde gli amanti
van de le gioie lor vedovi ed orbi.
Fantasmi vivi, e notomie spiranti,
sepolcri aperti, ombre di morte, e morbi.
Perché d’Abisso in fra gli eterni pianti
Terra omai non le chiudi, e non l’assorbi?
L’invidia (credo) sol de l’altrui bene
le nutrisce, le move, e le sostiene.

289.Grifa, del buon Villan l’empia mogliera,
venne fra i nostri amori ad interporsi.
Questa malvagia intolerabil Fera
di me s’accese, ed io ben me n’accorsi,
però ch’a tutte l’ore intorno m’era
or con scherzi noiosi, or con discorsi.
Ridea talora, e mi mostrava il riso
vóto di denti, e pien di crespe il viso.

290.Crespa è la guancia, e dal visaggio asciutto
si staccan quasi l’aride mascelle.
Grinze ha le membra, e nel suo corpo tutto
informata da Tossa appar la pelle.
Stan nel centro del capo orrido e brutto
fitte degli occhi le profonde celle,
occhi che biechi, e lividi, e sanguigni
aventano in altrui sguardi maligni.