Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/235

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307.Nel basso fondo d’una torre oscura
sepolto io fui, dal Castellan guardata.
Ma di guardar la Giovane dier cura
a la Vecchia rabbiosa e scelerata.
Imaginar ben puoi, se la sciagura
condotta ha in buone man la sventurata,
se seco dee con ogni strazio indegno
quell’empia ad onta mia sfogar lo sdegno.

308.Giá sette volte chiaro e sette oscuro
s’è fatto da quel dí l’Orto e l’Occaso.
Diman si compie il tempo, ed io procuro
terminar con la morte il fiero caso.
S’io campion m’abbia, o no, né so, né curo,
ch’io son senza morir morto rimaso.
Convien che sol di lei cura mi prenda,
che non ha chi l’aiti, o la difenda.

309.«Or non è il meglio» a me medesmo io dissi,
«se tanto il Ciel di suo favor ti dona,
che tu campando fuor di questi Abissi,
cerchi di sprigionar chi t’imprigiona?
Se per la vita tua di vita uscissi,
non fora il tuo morir palma e corona?
Vattene omai, s’andar ti fia permesso,
a combatter per lei contro te stesso.

310.Se guerrier non appar da la tua parte,
la tua Donna s’assolve, e tu morrai.
S’alcun forse ne vien per liberarte,
tu di Dorisbe il protettor sarai.
S’egli t’uccide entro l’agon di Marte,
chi morí piú di te felice mai?
S’egli ucciso è da te, felice ancora,
fia che chi visse ardendo, ardendo mora».