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Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/298

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135.Per tutto erra costei, lunge e da presso,
e può di tutti sostener la vice,
salvo che ’n cerchio andar non l’è permesso,
saltellar, volteggiar le si disdice;
privilegio al destrier solo concesso,
corvettando aggirarsi altrui non lice.
Nel resto poi, se non ha intoppo al corso,
non trova al suo vagar meta né morso.

136.Move l’armi piú cauto il Re sovrano,
in cui del campo la speranza è tutta,
ché s’egli prigionier trabocca al piano,
l’oste dal canto suo riman distrutta.
Quinci per lui ciascuno arma la mano,
per lui s’espone a perigliosa lutta;
ed egli spettator de la contesa
cinto di guardia tal, non teme offesa.

137.Poco intende a ferire, e per l’aperto
in publica tenzon raro contrasta:
non è questo il suo fin, ma ben coverto
da l’insidie schermirsi assai gli basta.
Pur se contro gli vien Duce inesperto,
sa ben anco trattar la spada e l’asta;
colpisce e nóce, e poi che ’l seggio lassa,
di piú d’un quadro il termine non passa.

138.Queste le leggi son, ch’io ti racconto,
del bel certame, e rompersi non denno.
Ma perché l’uso lor ti sia piú cónto,
potrai pria da la prova apprender senno. —
Cosi dic’egli, e lo scacchier, ch’è pronto,
si reca innanzi, indi a la Dea fa cenno.
A dirimpetto suo fa che s’assida,
e siede anch’egli, ed a giocar la sfida.