Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/311

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187.Convien che sia da questo e da quel canto
tra due parti il partito e ’l rischio eguale.
Se modo non ha l’un da perder quanto
perder può l’altro, il suo giocar non vale,
né portar può di vincitore il vanto
quegli a cui manca un fondamento tale.
Né vincendo talor, pretender debbe
dal perditor quel ch’egli in sé non ebbe.

188.Or veggiam, bella Dea, s’a proprio costo
giocasti, e s’egli è tuo quel c’hai giocato,
e se da te su ’l tavolier fu posto
quanto ha costui giocando aventurato.
Cosí del figlio tuo sará poi tosto
sopito ancor per conseguenza il piato.
Tu stessa in premio esposta a la tenzone
promettesti perdendo esser d’Adone.

189.Ed io te stessa in testimonio invoco,
invoco teco in testimonio Amore.
Quante volte dicesti al tuo bel foco
ch’egli a pieno è di te fatto signore?
Come può se medesma esporre al gioco
chi non ha in sé né libertá, né core?
chi non ha se medesma in sua balía,
né cosa al inondo, che d’altrui non sia?

190.Se tua non sei, ma di costui ch’io dico,
de l’altrui dunque, e non del tuo giocasti,
né posto avendo sú quanto il nemico,
non ti si deve quel che guadagnasti;
onde se tu confermi il dono antico,
se rivocar non vuoi quel che donasti,
o se pur non menti la lingua tua,
ei non perde se stesso, e tu sei sua.

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