Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/336

Da Wikisource.


31.Lá dove illustre di materia e d’arte
gran lume il tabernacolo diffonde,
l’amorose reliquie in chiusa parte
santuario profano in seno asconde.
Di mute cere e di loquaci carte
ritratti vivi e lettere faconde,
nastri di seta, e trecce di capelli,
guanti odorati, e preziosi anelli.

32.Ed havvi Ongare stampe, Indiche vene,
vezzi di perle e rose di diamanti,
auree cinte e maniglie, auree catene,
fidi refugi de’ devoti amanti.
Cose che soglion far ne l’altrui pene
miracoli maggior che preghi e pianti;
e piú ch’antica o servitute o fede,
impetrano in Amor grazia e mercede.

33.Xe l’eccelse pareti, e ’n queste e ’n quelle
ricche comici e di bei fregi ornate
mille votive imagini e tabelle
serban memoria de l’altrui pietate.
Cantan salmi d’Amor Donne e Donzelle
non giá nascoste da gelose grate.
Guarda il Genio i lor chiostri, e cura n’have,
e Triapo ortolan ne tien la chiave.

34.Agli egri afflitti, ai poveri infelici,
ch’accattan del gran Tempio in su le porte,
donan le belle Ninfe abitatrici
sguardi, risi, piacer di varia sorte.
Vestir ignudi, ristorar mendici,
affamati cibar vicini a morte,
albergar peregrini a tutte l’ore,
queste son le limosine d’Amore.