Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/354

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103.Lucente arnese i vaghi membri ammanta
di sciamito argentino, il cui lavoro
abbordata la vesta ha tuttaquanta
di girasoli rilevati d’oro;
ed è sazia di gemme in copia tanta,
e sí chiaro splendore esce di loro,
che potrebbe abbagliar la vista altrui,
se non vi fusse quel degli occhi sui.

104.Piú bello in terra o piú gentil composto
a Morte non potea nascer soggetto;
e certo alcun, che ’l rimirò discosto,
giudicollo celeste al primo aspetto.
Ma quando poi s’avicinò, fu tosto
conosciuto mortale in un difetto.
Un sol difetto in lui trovato brutto
fe’ tant’altre eccellenze oscure in tutto.

105.— Io non mi voglio giá — dicea Senorre,
un Critico sottil, del vero amico,
cui con gemina riga al petto scorre
in duo fiumi d’argento il pelo antico —
giá non mi voglio a l’altre parti opporre,
ma de la man, sol de la mano io dico,
ch’oltre ch’ella non è latte, né neve,
fuor del giusto decoro è grossa e breve.

106.Tra quante doti in sé Natura unisce
non possiede la man gli ultimi onori,
poi che non pur col proprio bel rapisce,
ma fa l’altre bellezze anco maggiori.
Questa qual vaga artefice abbellisce
il volto e ’l sen di porpore e di fiori,
e porgendo ostro al labro, oro al capello,
è sua mercé quant’ha beltá di bello.