Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. II, 1977 – BEIC 1871053.djvu/673

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175.Giá sono entrambo affaticati e stanchi
e di molle sudor bagnati e sparsi,
giá con spesso alitar battono i fianchi
e vanno alquanto al travagliar piú scarsi.
Ma ’l piú grave trafela, e par gli manchi
la lena in tutto, e brama omai posarsi.
Mostra ogni vena il corpo enfiata e rossa,
e piú forte anelando, il fiato ingrossa.

176.Pur, da l’onor sospinto, in piè sostiensi
e gli usati furori in sé raccende;
ma con la vastitá de’ membri immensi
piú che con la possanza, ei si difende.
Il Greco, c’ha piú vigorosi i sensi,
piú fresco a l’opra e piú vivace intende.
Ed ecco giá que’ nervi intanto adocchia
che di dietro incurvar fan le ginocchia.

177.E perché lasso il vede, e pien d’angoscia,
con la destra gli accenna invèr la spalla.
Minaccia al collo, e in un momento poscia
s’inchina, ma l’effetto al pensier falla,
ché la man troppo breve a l’ampia coscia,
inumidita dal licor di Palla,
non potendo fermar la palma in essa,
lubrica a sdrucciolar vien da se stessa.

178.Il superbo di Scithia, ancor che rotto
da la stanchezza, allor punto non tarda,
e vistosi da lui sí malcondotto,
par che di stizza e di dispetto n’arda.
Sovra andar gli si lascia, e quasi sotto
sei caccia in modo con la man gagliarda
ch’a l’ombra del gran seno, onde il soverchia,
tutto l’asconde, e con le braccia il cerchia.