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LXIV

Al serenissimo signore prencipe di Mantova

Prigioniero, prega il principe d’intercedere presso il duca di Savoia


per la sua liberazione.

Quando io aspettava qualche ricompensa della mia servitú in questa corte, eccomi in prigione sotto pretesto che io abbia nelle mie poesie scherzato poco modestamente intorno alla persona del serenissimo padrone; ed insieme mi hanno tolte non solo tutte quelle poche robbe ch’io qui aveva, ma, quel che piú mi preme, le scritture, dove è la maggior parte delle mie fatiche imperfette. In questa disgrazia non so a cui ricorrere se non solo alla generositá di V. A., unico refugio della virtú e mio solito e singoiar protettore; ed a lei mi rivolgo perché per sua somma umanitá mi interceda ch’io non abbia lungamente a languire in tanta miseria, dove son certo che me ne morrò di disperazione e di rabbia. Potrá V. A., nella occasione della venuta del signor prencipe di Piamonte costá, raccomandargli a bocca questo povero abbandonato; ed oltracciò con lettere sue e della serenissima signora infanta operare presso questa Altezza, ché si contenti di ammettere la mia giustificazione s’io sono innocente, e di rimettere la mia colpa se sono colpevole. Ma poiché cosí pur vogliono, a me giova di confessarmi reo, per rendermi capace di grazia mercé della reale e cristiana clemenza del serenissimo signor duca e mediante la benigna intercessione di V. A., s’Ella si degnerá per sua bontá di favorirmi. L’ufficio ha da esser fervido ed il favore efficace, si che non paia ordinario né procurato, nel modo appunto Ch’Ella sa e suol fare quando abbraccia la protezione di un servitore divoto. Ben assicuro V. A. che siccome fará azione degna della sua magnanimitá, sollevando da questa oppressione e liberando da questa calunnia un infelice che per servir altrui ha rovinato se stesso; cosí impiegherá il suo favore in suggetto che saprá riconoscerlo, secondo la sua debolezza, con tutte quelle demostrazioni di gratitudine che richiederá un obbligo tale, ed in persona