Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. I, 1911 – BEIC 1872860.djvu/146

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ora che si solleciti il signor Schidone, dalla cui cortesia dovrei impromettermi maggior cosa di questa; ma la sua tardanza mi fa dubitare di fredda volontá. Se pure gli si potrá mai cavar di mano, V. S. mi favorisca di aver cura che mi si mandi ben condizionato per la medesima via come l’altro, cioè per mano del signor Giovan Giacomo Schiarii residente in Milano, a cui ho indrizzate le mie risposte. E senza piú, le bacio caramente le mani, non senza speranza di averla presto a salutar personalmente di passaggio.

Di Torino [1613 o 1614).

XCI

Al medesimo

Intorno al medesimo argomento.


Le promesse del signor Schidone sono svanite. V. S., di grazia, non gli ne sia piú importuno, perché sono tutte parole gettate al vento. Scrissi all’ illustrissimo signor conte di San Secondo ed al signor Malosso, ringraziando l’uno e l’altro del disegno mandatomi ; e indrizzai le lettere a Milano in mano del signor Giovan Giacomo Schiani, il quale mi ha risposto averle consegnate all ’agente di cotesto signore. Desidero intendere se sieno capitate, accioché io non incorra in nota di mala creanza. E con tal fine, pregando V. S. a comandarmi, le bacio con tutto l’affetto le mani.

Di Torino [1613 o 1614].

XCII

Al signor cavalier Stigliani a Parma

Accenna a un sonetto in lode del poema II monda nuovo dello Stigliani,

di cui si dichiara ironicamente sincero amico.


Il sonetto da me composto in lode di V. S. il qual comincia: «Sciolse il Colombo l’audace ingegno», ecc., è parto del suo merito istesso e della mia affezione. Non occorre rendermi grazie di quel eh ’è debito, poiché a molto piú mi sento obligato e