Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. I, 1911 – BEIC 1872860.djvu/147

Da Wikisource.

molto piú ho intenzion di fare, essendo piú agevol cosa ch’io possa perder l’intelletto che perder giamai la memoria dei virtuosi benefici da lei in diversi tempi ricevuti. Né mi par che faccia bisogno mandarne altro esempio di mia mano oltre quel che giá mandai al Benamati dal qual Ella lo ha avuto, quando fra pochi giorni spero potrá vederlo publicamente stampato nella mia Gal erta.

Al signor Gualterotti non mi sovvien aver commessa salutazion alcuna per V. S., non sapendo io ch’egli dovesse fare cotesta strada. Ha però fatto benissimo in adempir quell’ufficio, del quale io senz’altro l’avrei pregato quando il caso m’avesse presentato l’occasione, se ben in quanto a me stimo soverchio si fatte cerimonie per ampliarle la fede dell’amor mio, del quale per molte prove mi persuado d’averla assicurata. Cosi fossi pur

10 sicuro del suo, del quale mi conviene entrare ogni giorno in dubio, poiché tutto il mondo m’afferma il contrario; ond’io non so che debba dirmi né a cui debba credermi. Io non intendo di romperla con V. S., perché amo la sua persona e stimo

11 suo valore e sono oggimai sazio di brighe. Son conosciuto per tutto e mi sforzerò (quanto potrá la debolezza del mio ingegno) di farmi tuttavia conoscer meglio. Basta, ché dal canto mio, per quel che s’appartiene all’integritá dell’animo, parlano gli effetti e non le parole; e può ben vedere ch’io non lascio mai d’onoraria senz’esserne richiesto quando ho campo da poterlo fare, e quel che fo colla penna fo parimente colla lingua in qualsivoglia brigata dove si tratti di lei. Di ciò non si parli piú, né punto si turbi V. S. di questa digressione, poiché né io mi sono giamai alterato per molte relazioni sinistre. La passata che ho fatta, l’ho fatta trasportato dalla libertá della natura mia e dalla gelosia che ho dell’amicizia sua. Vogliami bene e parli di me amorevolmente, perché oltre che cosí richieggono e la patria comune e la professione e la qualitá del gentiluomo e la modestia del letterato, io dal canto mio le prometto altre tanto con eccesso di parzialitá. E senza piú, bacio a V. S. ca «

ramente le mani.

Di Torino [1613 o 1614J.