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XCVII

Al signor Guid’ Ubaldo Benamati

Condoglianze.


Non entro in voler consolar V. S. della morte di cosa cosi cara, perché dalla prova che giá ne feci alquanti anni sono, so che perdite son queste. Il miglior conforto è il considerare che son casi irremediabili né si possono risarcir con le lagrime.

Mi viene scritto di Firenze che il Villifranchi manderá senz’altro la risposta in breve, ed io l’ho sollecitata con diligenza, come farò tuttavia. Del disegno non dirò altro, per non importunarla in cotesto frangente; ma con l’occasione non si scordi di me. Con che bacio a V. S. le mani.

Di Turino [1613 o 1614].

XCVIII

Al medesimo

Dá istruzioni per l’invio del disegno dello Schidoni e notizie delle Dicerie sacre.

Rendo infinite grazie a V. S. della diligenza circa il disegno. Ancora non so se mi debba crederlo, non giá a lei ma alla mia fortuna, la qual m’ha fatto disgraziato col signor Schidoni, a cui resto molto obligato, e l’assicuro che se vedrò l’effetto del suo favore, si accorgerá di non aver impiegate le sue fatiche in suggetto ingrato. Starò aspettandolo con aviditá, ma V. S. averta di non errare il nome di quel cavalier milanese ch’io le scrissi, il quale è il signor conte Luigi Marliani. Faccialo ben accommodare fra due tavolette ben legate e raccomandilo al corriero. Il signor Camillo Cavalca, padre del signor Giacomo, ha scritto di costá al signor Onofrio Muti ch’egli mi ha trovato un bel disegno da inserir nel mio libro e che lo portará qua nel suo venire. V. S. mi favorisca di ringraziarlo in mio nome e d’intendere quando sará il tempo della sua venuta. Non ho ricevute

G. B. Marino, C. Achiluni e G. Preti, Lettere - i.

io