Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. I, 1911 – BEIC 1872860.djvu/166

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j6o GIAMBATTISTA MARINO

toleranza fa parte di sé a tutti. Dalla superbia poi Ella è aliena in tutto, essendo tutta piena di mansuetudine e d’urbanitá, percioché dimostra una tranquillitá nella fronte ed una dolcezza in tutti i movimenti che quasi eccede l’umanitá, affidando con le graziose maniere de’ suoi sembianti e co’ gesti attrattivi del volto i pusillanimi a parlare, ed invitando altrui ancor nel silenzio con lieto aspetto e con accoglienze cortesi a scioglier la lingua; come che questa umiltá e piacevolezza non sia però disunita dalla convenevole gravitá e dal debito decoro, ma, con un componimento inezano fra i due estremi di dignitá e d’affacevolezza, né con la severitá spaventa né con la cortesia avilisce. Per la qual cosa non poteva o doveva, per mio aviso, il governo di Palermo (paese tanto fertile ed abbondante di canne iblee, onde si tragge quel licore fra tutti gli altri dolcissimo) ad altri con piú giusta ragione commettersi che a V. S. illustrissima, i cui costumi, conditi di benignitá e di gentilezza ineffabile, vincono di soavitá qualsivoglia zucchero.

11 duodecimo ed ultimo raggio, per passare dagli abiti morali agl’intellettuali, è la sapienza o diciamo la varietá delle scienze, la cui cognizione è necessaria o almeno utilissima al prencipe, perché da esse acquista la notizia delle leggi, l’industria del procacciare i mezi opportuni per condurre a fine i disegni, il discorso sopra gli avvenimenti dello Stato, e per esse viene ad aguzzare il giudicio alla prudenza, prevedendo i mali e prò vedendo agli errori. Quinci apprende gli ordini del governo, e prima a governar se stesso, poi ad instituir leggitime forme di vivere a’ popoli, raccogliendo dalle cose lette ed intese regole ed osservazioni profittevoli all’ottimo reggimento. Onde Platone chiamò «felice» quella republica nella quale o comandassero i filosofi o i prencipi fussero studiosi. Ma la maestra di questa teorica è la buona educazione, percioché l’anima umana si rassomiglia ad una tavola rasa, in cui ciò che si scrive o dipinge la prima volta vi rimane per sempre; e gli spiriti puerili sono a guisa d’una cera molle, la qual, prima che per l’etá s’induri, apprende in sé tenacemente ogni stampa. E si come i vasi nuovi ritengono lungamente l’odore di quel licore ch’una volta in sé ricevono,