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Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. I, 1911 – BEIC 1872860.djvu/176

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CVI

Al serenissimo prencipe di Piamonte

Dedica della terza Diceria : Il cielo.


Minerva, partorita dalla mente di Giove (secondo che fingono gli antichi favoleggiatori), nacque armata e subito nata incominciò ad imbracciar lo scudo e vibrar la lancia. Ma come fará, serenissimo Sire, questo misero parto del mio ingegno, che nasce ignudo e disarmato d’ogni difesa? Eppure appena uscito alla luce gli converrá entrare in campo contro le lingue de’ detrattori, assai piú pungenti che le spade. So che non mancheranno di coloro i quali cercheranno di trafigerlo in sul vivo e di ferirlo eziandio a tradigione, imperoché aspettano i componimenti della mia penna per lacerargli con quella attenzione che ’l drago dell’Apocalisse aspettava a gola aperta il concetto di quella donna celeste per divorarlo. Ho stimato ottimo rimedio ed unico refugio il guernirlo dch’armi di V. A., campione invitto della virtú, a cui sará facile schermire dalle ingiurie ingiuste il nome d’un suo divoto con l’auttoritá, non men che difendere dalle forze potenti la vita de’ suoi sudditi con la spada. A prencipe celeste celesti cose si devono; e ch’ Ella sia tale il mostrano espresso la sublimitá del suo intelletto, lo splendore della sua magnificenza e l’ornamento di tante altre virtú, dalle quali io, orbe inferiore, quasi da rapace violenza di primo mobile tirato, vengo a secondare il movimento del mio reverente affetto con l’umile offerta di questo picciolo Cielo. E senza piú, a V. A. profondamente m’inchino.

Di Torino, adi 15 aprile 1614.