Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. I, 1911 – BEIC 1872860.djvu/177

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CVII

Al signor Guid’ Ubaldo Benamati

Invia le Duerie sacre.


Mando a V. S. un volume de’ miei Discorsi sacri , e se il porto costerá caro io non so che farci, poiché qui, per la poca corrispondenza che passa tra questo maestro di poste e quello di Milano, non si può francheggiare. Desidero intenderne il suo particolar parere e ciò che se ne giudica costi. V. S. mi favorisca di dire o far dire al signor cavalier Stigliani ch’io gli n’averei mandato o mandarci un altro, ma per la cagione sopra accennata lascio di farlo. Ma se da lui mi verrá significata qualche via commoda e secura, averò ambizione che pervenga subito in sua mano. E con tal fine, bacio a V. S. le mani.

Di Torino [1614].

CVIII

Al signor conte Fortuniano San Vitali

Discorre di vari suoi componimenti e della polemica col Carli.

Io mi credeva certo che V. S. si ritrovasse nel Pegu o di lá dall’ isole Molucche, poiché per un silenzio cosí lungo non potev’io imaginarmi ch’Ella fusse nel nostro mondo. Lodato Iddio! comparse pur una delle sue benedette lettere, la qual mi è stata piú dolce che i datteri di Cipro che hanno sette coverte di zucchero. La favola composta della mia morte non è stata senza il verisimile, poiché in effetto sono stato malissimo, aggravato per due mesi continovi da febre molto pericolosa. Finalmente mi son riavuto, ma me ne sto tuttavia convalescente, essendomi rimase le reliquie della infirmitá, cioè debolezza grande di testa e di gambe. V. S. adunque potrá dire all’auttore di si fatta novella, insieme con Dante:

che Brancadoria non è morto unquanche, ma mangia e bee e dorme e veste panni.