Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. I, 1911 – BEIC 1872860.djvu/25

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O Bernia, che cantasti de l’anguilla, so ch’ un ciel ti parrebbe a fronte a questo la grotta di quel prete da la villa.

Il suol è un po’ malconcio, ma del resto, quasi tappezzane, le fanno intorno le ragnatelle un serico contesto.

Non si sa quando è notte e quando è giorno, e talor dormo a mezzodi, credendo che sia di stelle l’emisfero adorno.

Nel frontespicio un certo reverendo senza cappello in testa ne saluta, e manda fuora zeffiro stupendo.

Chi la gola da presso un po’ gli fiuta, confortarsi il cervel sente in maniera che si stroppiccia il naso e poi sternuta.

11 suo quondam turraccio, idest quel ch’era il suo coperchio, or pende a la parete e serve per scabel de la lumiera.

La qual, signor, giá creder non dovete che qualche torchia sia bella e pulita, ma una lucerna che si muor di sete.

Spesso le manca il meglio de la vita, l’umido radicale, e cantiam spesso quel versetto che dice: «Eli’ è sparita».

Quest’ è pur qualche cosa, io vel confesso, ma certo dirsi può galanteria a paragon di quel che segue appresso.

Un ser cotal, nomato Gioan Maria, nacque giudeo, fu mulatier, fu frate, fu oste, fu sensal e poi fu spia.

Indi, per darsi ad arti piú lodate, sbirro si fe’ e al fin diverrá boia, per far gir tutte l’anime dannate.

Costui, per farmi in giú tirar la coia, de le chiavi del carcere ha pensiero; onde convien che disperato io muoia.