Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. I, 1911 – BEIC 1872860.djvu/253

Da Wikisource.

le sue operazioni, si per l’affabilitá e benignitá mirabile con cui s’acquista l’affezione di chiunque la conosce, e tira ad amarla tutti coloro che domesticamente trattano seco.

Soggiungo di piú che non solo di Giove e di Marte ma d’Apollo istesso nella persona di V. A. si raffigura l’imagine, non tanto per la freschezza degli anni suoi giovanili e per la serenitá dello splendore che le lampeggia nella fronte, quanto per la luce interna dell’anima che, rischiarandole l’intelletto, le traspare esteriormente nel volto. Apollo invero, che, se circonda la chioma della dorata corona de’ raggi, non perciò disprezza quella che le tessono le verdi fronde del lauro; se da una parte attende al corso delle sue solite fatiche in cielo, non per questo lascia dall’altra di conversar talora con le muse in Parnaso; se nell ’una mano tien l’arco che saetta i pitoni, nell’altra ha la lira ch’addolcisce gli animi umani. E se bene non la suona, basta che la regge in braccio, sostenendo con la protezione e col favore chi ben la tocca e dilettandosi oltremodo, quando gli altri impacci piú importanti il concedono, dell’armonia di essa. Fu la lira per industria di Mercurio costrutta del guscio della testugine, e quinci è che presso i latini ne ritiene ancora il nome. Ond’io, che mi sono alla testugine paragonato, porto ferma speranza che il mio dono sia per piacere a V. A. ed abbia ad essere da lei gradito.

E ancorché il dono non sia di lira ma di sampogna, non sará, se non m’inganno, con tutto ciò disdicevole; ché chi è avvezzo, non dico solo ai dolci concenti delle lire, ma anche agli strepiti delle trombe, abbassi pure per qualche poco l ’orecchie al rustico suono della musica selvaggia, poiché né anche Apollo, nel tempo che ne’ boschi menava vita pastorale, non si sdegnava d’ascoltare le semplici canzonette de’ rozi contadini. Tanto piú che questa ch’io ora le presento non è la sampogna giá ritrovata dal famoso dio d’Arcadia, perché quella, dopo che dalle selve della Grecia fu trasportata in quelle del Lazio e dalle mani del pastor di Siracusa passò a quelle del mantovano, se ne stette quasi sempre mutola infino al tempo del buon Sincero, il qual ne fece con chiarissimo rimbombo risuonar le piagge della mia