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252 GIAMBATTISTA MARINO

eccetto a me, che se fussi stato buccinato per divino dalle rauche trombe d’infiniti ignoranti. Non darei l’onor fattomi da Filippo di Portes, dal marchese d’Urfé, da monsignor il Secchi, da monsignor di Vaugeld, da monsignor di Brussin e da altri nobilissimi ingegni che si sono compiaciuti di tradurre gran parte delle mie composizioni in francese, per quanto mi potesse dar di grido la garrula voce di tutta la turba vulgare. Non vorrei non ritrovarmi appoggiato all’auttoritá del padre Giulio Mazarini, torrente d’eloquenza e specchio di bontá, che nch’ultima parte del suo Afiserere si è abbassato a comprovare molte sue proposizioni con le sentenze de’ miei versi, per centomila vane acclamazioni che potessero fare in mia loda le bocche di tutto il resto de’ godi. Mi basta ch’un Cardinal di Perona, oracolo e miracolo di sapienza, un cavalier Battista Guarirli, un conte Pomponio Torelli, un conte Guidobaldo Bonarelli, un Ascanio Pignatelli, un Giovan Battista Attendolo, un Camillo Pellegrino, un Celio Magno, un Orsatto Giustiniano, un Bernardino Baldi, un Filippo Alberti, un Scipione della Cella, lumi del secol nostro tra’ morti; e mi basta ch’un cardinale Ubaldini, ornamento delle porpore e splendore delle scienze, un monsignor Antonio Caetano, un monsignor Antonio Querenghi, un monsignor Porfirio Feliciani, un monsignor Scipione Pasquali, un abbate don Angelo Grillo, un Gabriello Chiabrera, un Guido Casoni, un Giovan Battista Strozzi, un Ottavio Rinuccini, un Giulio Cesare Bagnoli, un Pier Francesco Paoli, simulacri della immortalitá tra’ vivi, parte con vive voci in diverse corone di virtuose ragunanze, e parte con private lettere scrittemi di lor proprio pugno, abbiano testificato quello istesso che ora mi viene ratificato da voi. Questi si che son personaggi i quali possono, o parlando o scrivendo, recare altrui onore o disonore. E quando costoro mormorassero di me, avrei ben giusta cagione di ramaricarmi. Ma ciò non può essere, perché i savi e i buoni non sanno dir se non bene, si come gli sciocchi e i malvagi non possono dir se non male. Poco ho io a temere sotto lo scudo di campioni si fatti le saette spuntate degli avversari maledici. E poco debbo curare con la guardia di tal patrocinio le velenose zanne de’ cagnacci