Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. I, 1911 – BEIC 1872860.djvu/62

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Intanto se negli avanzi dell’ozio venisse a lei fatto qualche altro scherzo di suo capriccio, purché non si curasse di tanta onestá, accrescerebbe notabilmente il cumulo degli oblighi mici e gli presterebbe occasione di ricambiarla con alcuno effetto di gratitudine. Basterebbe per risparmio di fatica che fosse tirato o con lapis o con acquarella; e si potrebbe scherzare sopra qualche favoletta antica, come sarebbe per esempio quella di Salmace e d’ Ermafrodito, rappresentandoli ignudi ed abbracciati in mezo della fontana. Né dee V. S. per questa volta stare in su le ritrosie della modestia, facendosi per aventura scrupolo di essercitare la sua mano in fantasie oscene e lascive, poiché la cosa ha da rimanere nello studio di un signore, né si mostrerá a persone se non care; oltreché il signor Federico Barocci ed il signor Iacopo Palma, che sono piú attempati degli altri sei, non hanno ricusato di compiacergli. V. S. scusi l’ardimento e perdoni all’importunitá, condonando l’uno e l’altra alla confidenza ch’ io tengo nella sua somma gentilezza, che in lei va del pari col valore. E senza piú, le bacio di vivo cuore le mani.

[Di Ravenna, 1607?]

XLIV

Al medesimo

Lo prega di non affidare la Salmace ad alcuno, e di aspettare la sua venuta in Roma.

Io credevo a quest’ora esser costi di passaggio per Roma; ma, impedito da alcuni negozi, mi son lasciato sopraffare dai giorni caldi, onde mi converrá aspettare i freschi. Passando di costá io aveva pensato di rapir la Salmace di V. S. e condurla con esso meco, ché non è preda da confidare in altre mani né da esporre ai casi di fortuna per via di mulattieri. Io ne sono tanto avido in averla veduta appena abbozzata, che dubito non il sole istesso se ne innamori in vederla finita; né vorrei che s’ella ebbe piú d’un sesso, avesse anco piú d’una persona che la godesse. Poiché io ho aspettato tanto tempo reprimendo il desiderio che n’aveva con la speranza del possederla, piaccia