Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. I, 1911 – BEIC 1872860.djvu/90

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parlando a personaggio si alto come è il serenissimo signor prencipe di Piamonte, trattando di suggetto si nobile come sono l’azioni di V. A., avesse si bassi riguardi avuti. Né io ho lui per uomo di si poca liberta, né questo cotale per poeta di si celebre auttoritá, che l’uno per rispetto di non dispiacergli l’avesse senza esprimere il nome adombrato, e l’altro per invidia che gli si portasse fusse negli altrui scritti o da tacersi o da mentovarsi. Ma (se però la propria conscienza o vogliamo dir conoscenza non lo rendeva di ciò ragionevolmente sospettoso) non veggo io perché dovesse egli applicare in particolare solo a se stesso quel che, generalmente detto, può a molti altri convenire.

Stimano alcuni ch’egli a tanta enormitá si conducesse perché si vedeva in questa corte del tutto caduto da quella opinione nella quale vi entrò, ed accorgevasi aver perduto gran parte di quella benevolenza che nel principio acquistata si aveva. Ma s’egli con le scempiezze della sua goffa penna si era a poco a poco discreditato ed avvilito, che colpa ne ho io? se con le melensagini della sua superba e ritrosa natura si aveva inimicati coloro stessi che l’avevano dianzi favorito e portato, che poteva io farvi? se con le sciocchezze della sua sciagurata maccheronea aveva disgustati i primi cavalieri e signori di questa cittá, con che fondamento faceva me auttore della sua rovina? se per propri mancamenti e non per altrui cattivi uffici, avendo perduta la ragione, era divenuto irragionevole, con che ragione voleva sfogar meco il suo rabbioso dispetto? Perché non farsi caro altrui con operazioni belle e lodevoli, e chiaro al mondo con virtuose ed onorate fatiche? o per meglio dire, perché non rivolgersi a se stesso e misurare la proporzione del proprio valore e insieme la prudenza del suo prencipe, a cui non manca giudicio da conoscere si come non mancano forze dal riconoscere il merito di chi merita? Sciocco egli è adunque e poco avveduto s’altri vuole del suo male incolpare che se stesso e la propria fellonia; o se pur pensa a chi ha punto d’ingegno poter persuadere ch’altri abbia parte in questo suo tradimento, che quel tarlo d’invidia che gli limava le viscere

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