Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. I, 1911 – BEIC 1872860.djvu/99

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avviso, perché io ho di molti nimici, e costoro non hanno altro fondamento dove appoggiare la loro malignitá che queste bagatelle; onde si sono congiurati di spargere di si fatti scritti sporchi sotto mio nome, ancorché in effetto non sieno miei. Ma io confido principalmente nella mia sincera conscienza e poi nella protezione de’ padroni potenti che in ogni caso mi defenderanno. E mi consolo che nel mare delle azioni umane non è virtú né vizio che abbia piú spedito nuoto della veritá, talché non si dee punto dubitare ch’ella rimanga mai soffogata. Il guardarsi dai nimici è defendere la propria virtú, perché la lor persecuzione non nasce se non dalla invidia di essa, e la malizia in questo pessimo secolo opprime di molto l’innocenza, si che chi pip vale o piú è stimato ha per premio del bene operare una necessitá di sempre starne in difesa. Ma qual antidoto può preservarci dal veleno della malignitá e chi può schermirsi dalle calunnie de’ traditori?

Intanto fo sapere a Y r . S. come dalla Altezza serenissima di Savoia sono stato gratificato d’una pensione di mille scudi d’oro, che non è poco per la prima volta, e giá ne sono spedite le patenti. So che gli amici e i patroni come mi è V. S. ne goderanno, e crepino gl’invidiosi. Con che le bacio le mani.

Di Ravenna [1609].

P. S. — Al signor cavalier Zurlino bacio caramente le mani, e V. S. gli dica che ho ricevuto gran martello di lui nel mio ritorno, perché in Reggio e in Modena ed in Bologna me ne son state sempre date fresche novelle ed ho ritrovato che di poco era partito. Io ho gran desiderio di vederlo e servirlo e di parlargli ancora. Perciò, se volesse risolversi di venire a starsi qui meco in Ravenna otto o dieci giorni, mi farebbe il piú segnalato favore del mondo.