Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. II, 1912 – BEIC 1873537.djvu/189

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dove mentr’io era in procinto di pormi in viaggio, fui soprapreso da febre terzana, la quale con sette termini e con molta mia languidezza m’ha tenuto piú d’un mese a letto. Il che ho voluto raccontarvi per iscusa delia tardanza, alla quale avrete forse dato nome di negligenza. Io pur anco sperava che voi non vi pensaste piú né gran fatto ve ne curaste, quando un gentiluomo venuto di Parma, il quale d’esser vostro scolaro si gloria, me n’ha aggiunto per parte vostra nuovi stimoli. Si che non ho voluto piú lungamente differire il pagamento di questo mio debito.

Ben voglio pregarvi che, valendovi di questo mio Discorso per leggerlo costi, se vi parrá, a qualcheduno, noi lasciate in veruna maniera da chichesia trascrivere, perché non vi fosse per avventura chi si prendesse diletto di stamparlo, si come veggiamo ora farsi pur troppo agevolmente di tutto quello che in qualche maniera può spettare al Marino. E questo, s’io non m’inganno, sarebbe un dar credito allo Stigliani, quasi che necessaria si riputasse la risposta all ’Occhiale, per dubbio non la sua erronea dottrina possa far radice nell’altrui stima. Dorerete non meno aver cura di svellere gli scrupoli, i quali in alcuni pullulassero per lo titolo, che questa operetta porta, di Difesa dell’ «Adone», poiché qui niuna di quelle cose si difende le quali mossero i censori ecclesiastici a proibir l’Adone, anzi apertamente si biasimano. Ed ho saputo che lo stesso Marino se n’era fortemente pentuto e s’accigneva a correggerlo; il che parmi neanco di presente fosse malagevole di fare. E sperar possiamo che sieno i superiori per ammetterne un giorno la correzione, veggendosi quanta noia diasi di continovo in tutte le cittá agl’inquisitori per la licenza che vien loro chiesta di leggerlo, e perché si fugga il pericolo del contravenirsi dagli uomini di larga coscienza al decreto di detta proibizione, e per ovviar insieme alle nuove edizioni che intendo oggidí se ne preparano almeno fuori d’ Italia. Queste cose, si come note sono allo Stigliani, cosi ben pensar potete ch’egli amaramente ne roda il freno, avendo in piú luoghi del suo Occhiale a larghissima bocca detto che l’A dotte come fuoco di paglia avea fatto una fine momentanea, ch’era totalmente morto, che niuno avea pazienza di leggerlo, e si fatte filastrocche,