Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. II, 1912 – BEIC 1873537.djvu/55

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Io sono entrato, non so come, coglionescamente in una grande e continova obligazione, alla quale ormai non posso piú supplire e ne sono giá stracco. Mi bisogna ogni mercordi fare un discorso imparato a mente per introduzione del problema, ed accioché sia degno dell’espettazione che si ha di me e della gente che mi ascolta, son costretto a farvi studio particolare, talché del continuo tengo impacciato l’ intelletto e la memoria per ritrovare nuove invenzioni e per recitarle. In effetto gli applausi e l’ acclamazioni son grandi e tali ch’io mi vergogno di dirlo. Ne ho fatto parecchi bizzarri e mi son riusciti felicemente, ché per Dio sono stato alle volte sforzato a fermare il ragionamento per la gente che mormora quasi ad ogni periodo. Vorrei che V. S. ne scrivesse a qualche suo amico di qua per averne avisi particolari.

Intanto aH’eccellentissimo signor don Carlo Colonna fo mille profondissime reverenze, al signor don Alonso bacio parimente le mani degli onori che mi fa, ed a V. S. priego dal cielo salute e felicitá.

Di Napoli [maggio o giugno 1624].

P. S. — V. S. mi fará favore di consegnare l’inclusa al signor abbate Magnesio e procurarmene risposta. E dica al signor cavalier Barbazza ed al signor Gasparo Salviani che vadano al procaccio, perché vi troveranno lettere mie.

CCXXVII

Al medesimo


Ancora non ha potuto ricuperare le balle dei libri.

Giá scrissi a V. S. che il duplicato circa il negozio de’ miei libri era venuto. Tengo tutta vie le balle depositate in dogana e vorrei mandarle costá, ma non so come farmi. Priegola a passarne una parola con monsignor Filonardi, da cui potrá intendere dove si hanno da deporre giunte che sieno costi. La libreria non è qui tutta, ma queste sono balle, ché il resto