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idilli pastorali 157

gridando sempre e mormorando vivi;
ché, s’ami i sassi, ahi lasso!
anch’ella è un vivo sasso.
     I’ so pur che talora,
quando al piú lungo giorno
il Sol di mezzo il ciel fere la piaggia,
a l’onda, a l’ombra, a l’ôra,
qui sola a far soggiorno
ne suol quella venir, che sí m’oltraggia,
fèra bella e selvaggia.
Qui canta e qui favella; e tu cotanto
d’udirla ti compiaci,
che non rispondi e taci;
o, se rispondi pur, del dolce canto
formi interi i concetti,
non tronchi ed imperfetti.
     Or, s’avien che ’l bel piede
per sorte amica e destra
qui soletto il mio Sol fermi giá mai,
cheggioti per mercede,
se ’n questa rupe alpestra
pur sostenere i raggi suoi potrai,
tu, che ’l senti e che ’l sai,
narragli quant’io provo
ne l’alma affanno e foco,
come tu prendi a gioco
gli aspri miei casi e com’ognor ti trovo
di mia lunga fatica
e compagna e nemica.
     Digli sí come spesso
co’ miei lamenti i tuoi,
alto chiamando il suo bel nome, accordo;
che s’un giorno dapresso
m’udisse, i’ so che poi
fôra assai men de la mia morte ingordo.
Digli come t’assordo,