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La decimaottava, che i torrioni siano posti negli angoli congiungenti le linee, acciocchè l’una e l’altra delle due linee per quelli possa essere offesa: e similmente l’un torrone dall’altro.

La decimanona (che è molto da considerare), che la rocca abbia facile uscita, in modo che difficile sia agl’inimici proibire che quelli di dentro, volendo, non escano sicuramente fuori del circuito.

La vigesima ed ultima (la quale si estende sopra tutti gli edifizii sopra a terra), è che le mura siano fatte sopra i fondamenti nel modo che al presente dichiarerò.


CAPO V.

Avvertenze circa le fondamenta.

In prima il fondamento sia sopra il saldo sasso, o tufo, o terreno tenace e duro; e perchè alcuna volta si trova sottoterra una vena, ovvero filone di pietra tischia1, o tufo, grossa un piè, o più o meno, e sotto quello il terreno non è stabile e fermo, dove edificando sopra queste cose per il peso dei muri manca il fondamento e mette in ruina tutto l’edifizio, come avvenne a Pienza città in Toscana, dove per la medesima inavvertenza, un edifizio, bellissimo tempio, tutto si aperse2. Debbasi considerare a questa occulta macula, ed a quella dare rimedio in questa forma: pongasi un vaso pieno d’acqua sopra il fondamento fermo in apparenza, dipoi si abbia un grosso maglio, e fortemente la terra percotendo o pietra che fosse, se del vaso non esce l’acqua senza dubbio il fondamento è buono ancora in esistenza, ma quando l’acqua uscisse fuori significa sotto concavità o terreno non denso, reverberando il colpo colà d’onde sopra a quello non si debba fondare. Ma quando in alcun loco non si trovasse sasso, tufo o saldo terreno, allora si debbano fare i fondamenti in uno dei due sotto descritti modi, a più perfezione d’essi.

  1. Il cod. Sanese (f.° 21 v.°) legge una vena, ovvero filone di pietra o tufo. Forse scrisse pietra tiglia o tigliosa, cioè di leggeri strati, come altrove parla del tiglio nella vena del ferro.
  2. V. la vita di Francesco di Giorgio al capo I.