Pagina:Mastriani - La cieca di Sorrento 1.djvu/175

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vansi nel profondo di quel cuore, santuario di amore, d’abnegazione, di pazienza e di carità.

Tutto ciò sapendo, il marchese si era deciso a strapparle dal cuore, anche a sua malgrado, un lampo che l’avesse rischiarato sulla risoluzione che dovea prender riguardo a lei.

— Pria di tutto, figlia mia, ho bisogno che tu mi apri intieramente il tuo cuore; te lo chieggo in nome di tua madre. Poni da banda l’amore che mi porti; parlami come se Dio medesimo ascoltasse la tua confessione, e com’Egli in fatti l’ascolta... Dimmi, ami tu Amedeo?

La fanciulla arrossò tutta, e chinò il capo quasi che avesse voluto chinar gli occhi.

— Padre mio, disse poscia con voce debole e tremante, a che mi rivolgi questa domanda? Posso io amare altri che te sulla terra?

— Tu dunque non ami il cav. Amedeo?

— Sì, l’amo come i miei fiori, come Geltrude, ma non l’amo come te... Quando egli mi dice di amarmi, quando dice che io sono bella, anch’io il trovo bello ... ma pur le sue parole non mi sembrano sincere, padre mio.

— E che ne sai tu che egli è bello?

— Oh! così bello fosse il suo cuore come il suo volto! Scommetterei che egli è alto, ben fatto, che i suoi capelli e la sua barba sono neri.

Il marchese restò colpito.

— Geltrude ti avrà detto tutto ciò.

— Ohi no, ti assicuro... Geltrude non mi parla mai del cav. Amedeo; io gliel’ho proibito...