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nissimo; si vede che questa è l’opera della Provvidenza... in fatti, quale donna se non una cieca sposar potrebbe un mostro?
A queste parole Gaetano si alzò pallido di furore.
— Signore! disse il marchese rivolto al cavaliere; ricordatevi che, siete in mia casa e alla mia presenza.
— Io sono un mostro, disse Gaetano le cui labbra tremavano convulsivamente, perchè Dio così mi fece... ma tu sei un codardo e un infame, indegno di portar questo nastro, che serve a nutrir la tua stolta superbia.
Ciò dicendo, Gaetano, avventatosi al cavaliere, gli strappava dall’occhiello della giubba nera il nastro e a terra sdegnoso il gittava.
Non sappiamo a quale atto di violenza sarebbesi spinto l’orgoglioso Amedeo, se il marchese frapposto non si fosse tra i due rivali.
— Uscite, o signore, disse al cavaliere, voi avete insultato in mia presenza il sig. Blackman e mia figlia... uscite... non soffrirò che qui, in questa sala, al cospetto di questa disgraziata, si scambii tra voi una sola parola, un sol gesto di violenza e di collera.
— Esco, esco, sig. marchese; conosco i riguardi dovuti a me e al vostro nome, ma pria di uscire... prendete, signore, disse rivolto a Gaetano, eccovi il mio indirizzo a Napoli; se avete cuore, domani mi aspetto una vostra visita.
Gaetano raccolse freddamente il bigliettino di fina carta porcellana, e lo intascò.
Il cav. Amedeo era già fuori.