Pagina:Mastriani - La cieca di Sorrento 2.djvu/158

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tenerti contento! Vorrei dirti quello che soffro; se il potessi; ma... io mi sento così male... così male che non so precisamente ciò ch’io soffro... Par se tu sapessi come il mio cuore si solleva in veggendoti accosto a me! Sì, padre mio... per esserti grata, farò quello che desideri: paleserò a te... ad Oliviero quello che io patisco... Nondimeno, debbo dirtelo, mio buon padre, io non so quello che in me si è operato da quel giorno che sognai essere Oliviero il figliuolo dell’assassino di mia madre... Fo tutti gli sforzi per allontanar questa fantasia, ma ei mi par sempre di scorgere in Oliviero qualche cosa che io non saprei diffinire, ma che m’incute una specie di paura, di ripugnanza. So che ho torto, so quanto egli mi ama, come nobili e dilicati sono i suoi sentimenti, ma il suo aspetto, il suo sguardo, la sua voce... oh la sua voce in particolare mi fanno di presente un effetto che non so dirti... E se vuoi, padre mio, che io ti apra interamente il mio cuore, ti dirò che la prima volta che, essendo io cieca, udii la voce di quest’uomo, fui presa da un brivido come se mi fosse stata ritoccata un’antichissima piaga; la voce di quest’uomo mi ricordò un’altra voce orribile che risuonò alle mie orecchie nella notte fatale del 23 gennaio 1827: non so perchè queste due voci si avvicinarono istantaneamente nel mio spirito. Da quel momento, ammirando l’ingegno e il cuore di Blackman, non ho potuto giammai schermirmi da un sentimento di sfidanza per lui;