Pagina:Mastriani - La cieca di Sorrento 2.djvu/160

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re sovra la guarigione di un infermo. Ma eccola ricaduta nel suo scoraggiante sopore, eccola morta in apparenza... Che vuol dir questo signore? La scienza adunque dovrà questa fiata confessare la sua impossanza al cospetto di questa misteriosa infermità? Nulla, nulla sapremo che ci possa illuminare almeno in parte sull’indole di questo male che lentamente conduce alla tomba la diletta mia figliuola? Se non isbaglio, se il dolore non m’inganna, parmi che il delirio l’assalga talvolta. Poco prima, innanzi di ricascare nel sopore, ella parlava di una visione che la colpì... ah Dio, Dio mio, e non potremo far niente per questa cara fanciulla? Nulla far potremo? E le avremo ridonata la vista per vederla a tal modo languire, senza poterla strappare dall’abbattimento che la consuma! Vedete, signore, com’è ridotto in pochi giorni quest’angioletto! Vedete come il biancore di morte ha allividito quelle care labbra! Possanza del cielo! E mia figlia si morrà così! No, no, se la scienza è impotente, se la vostra mente e il vostro cuore nulla vi dettano per salvare quest’essere che dite esservi tanto caro, non sarà impotente l’amor paterno. No, io la strapperò alle fauci di morte, io la salverò col mio amore, o morrò con lei. Andate, o signore, andate a studiare su gli sterili volumi... voi studiate e mia figlia soccombe al morbo infame che me la rapisce... Che ho che farmi della vostra erudizione se a niente giova, neanche a farmi conoscere il nome del serpe