Pagina:Mastriani - La cieca di Sorrento 2.djvu/69

Da Wikisource.

— 69 —

partiva tanto fiume di amore, e con amarezza pensava alla gioia suprema che egli avrebbe provata se foss’egli stato l’oggetto di quelle ardenti espansioni. Ma il candore di quella vergine raffrenava l’impetuosità dell’amor di lui, e più pacati sentimenti succedevano nel suo animo a quelli che l’avean disbranato insino a quel momento.

— Beatrice, donna incomparabile, a sentirti parlare, un’ignota dolcezza mi scende sul cuore e molce l’ardenza della mia passione... No, non è possibile che tu possa esser mia! Ma pur se di questa suprema felicità il cielo mi farà degno, se tu dividerai la mia sorte, io ti circonderò di tanto amore, ti adorerò così come giammai mortal creatura non ha amato su questa terra... Tu ravvivi nel mio cuore quella speme che le mie sventure ne avean fatto fuggire, tu ispiri alla mia ragione pensieri del cielo, tu mi rendi altro uomo e chiami sul mio labbro la preghiera. Sì, in tua compagnia, Beatrice, mi è dolce il pregare. Preghiamo in questo tempio della natura, sotto la volta di questo firmamento che narra la gloria di Dio; il profumo de’ fiori e la brezza della sera recheranno a lui le nostre preci. Prostriamoci, Beatrice; e fa ch’io ripeta con te quelle preghiere che mia madre ponea sulle mie labbra infantili.

Beatrice cadde genuflessa. I loro occhi si volsero al cielo per un istante.

Ma di botto due braccia strinsero assieme quei due corpi tremanti e pallidi.