Pagina:Mastro-don Gesualdo (1890).djvu/243

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S’era fatto tardi. Compare Nanni, completamente rabbonito, propose anche di andare a vedere quel che accadeva fuori:

— Voi fate liberamente come se foste in casa vostra, don Gesualdo... Compare Nardo verrà con me. Al ritorno, per segnale, busserò tre colpi all’uscio. Ma se no, non aprite neanche al diavolo.

Era un terrore pel paese: porte e finestre ancora chiuse, Compagni d’Arme per le vie, rumore di sciabole e di speroni. Le signorine Margarone, in fronzoli e colla testa irta di ciambelle come un fuoco d’artificio, correvano ogni momento al balcone. Don Filippo, tronfio e pettoruto, se ne stava adesso seduto nel Caffè dei Nobili, insieme al Capitano Giustiziere e l’Avvocato Fiscale, facendo tremare chi passava colla sola guardatura. Nella stalla di don Gesualdo dei trabanti governavano i cavalli, e il Comandante fumava al balcone, in pantofole, come in casa sua.

Nanni l’Orbo tornò ridendo a crepapelle. Prima di entrare però bussò al modo che aveva detto, tossì, si soffiò il naso, pure si trattenne un po’ a discorrere ad alta voce con una vicina che si pettinava sul ballatoio. Don Gesualdo stava mangiando una insalata di cipolle, onde prevenire qualche malattia causata dallo spavento. — Prosit! prosit, don Gesualdo! A casa vostra ci ho trovato dei forestieri, tale e quale come voi qui da me. Il barone Zacco corre ancora!... L’hanno