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essa tre anni più di me: e non credevamo di dover gittare ogni nostro bene, cioè il solo, il grande, l’unico bene, la libertà! Noi siamo perduti, Beatrice ed io, in tutti i modi: nella nostra vita sociale e nella nostra coscienza, non per il rimorso del peccato, no, che ci fu caro, ma per quel che esso contiene di cenere e di veleno.

— Non avete tentato di liberarvi? - chiese, ti midamente, Vittorio.

— Ho tentato: non mi è riescito. Beatrice è più vecchia di me - disse tetramente Lucio - e l’abbandono le fa orrore.

— Ma vi ama, è vero? E come può vedervi in felice?

- Poichè mi ama, ha tentato, anche lei, di li berarmi, la poveretta - riprese con una voce quasi oppressa dalle lacrime, Lucio Sabini; - ella voleva, l’anno scorso, che io sposassi Bertha Meyer... la bella viennese... Una creatura squisita. E poi... poi, non le è riescito. Povera Beatrice cara! Ella soffriva mille morti. Soffrivamo insieme. Io l’amo teneramente, capite? E, sovra tutto, non posso vederla soffrire. . .

Un silenzio triste e pesante si fece, fra i due. Quasi battevano i denti, dal freddo forte che li aveva sorpresi, nell’ora avanzata della sera, sul l’altipiano del Maloia.

— Eppure... eppure... - continuò Lucio Sabini ogni tanto io sento fiaccarsi il mio corpo, i miei sensi, il mio spirito, in questa terribile schiavitù. Allora, in queste orrende crisi, qui, altrove, io

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