Pagina:Mattielli - Della vita e degli scritti di Gian Giacomo Mazzolà, Padova, Sicca, 1846.pdf/19

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rengani nel borgo Ognisanti, ad unico oggetto di condurre sua vita coi tanti poveri di quella contrada, sovvenendoli di consiglio e di opera nelle loro malatie, e togliendoli spesso dallo squalore in cui stavano sepolti 4. Un uomo di tanta pietà ha sempre diritto alla publica estimazione.

Accompagnato così il Mazzolà dalla culla all’esercizio della sua professione, fatta per lui mezzo a continue opere di carità, verremo adesso a considerarlo siccome poeta. Possedeva egli per la poesia, come notammo più sopra, le più felici disposizioni; e ardentemente innamorato della dorata treccia di una fanciulla veneziana, ch’egli celebra co ’l titolo I Cavei de Nina, in lode della stessa treccia aveva dettati nulla meno che cinquecento Sonetti; dei quali l’Ab. Pier-Antonio Meneghelli, compatriota ed amico del Mazzolà, ne sceglieva cento, e li publicava 5.

Ai tempi del Mazzolà era in grandissima voga la poesia dettata in dialetto; e i nomi del Gritti, del Lamberti, di Pastò, di Carlo Goldoni, di Matteo Venier e del Buratti, che pur tuttora mantengonsi in bella celebrità, sedevano a maestri di sì leggiadra poesia. La voce melodiosa di qualche Ninfa delle nostre lagune ripete ancora soavemente (senza offendere per nulla il progresso) le spiritose canzoncine dei nominati scrittori. E nel vernacolo veneziano furono adoperati dialetti diversi: chi amò il nobile e culto, chi quello del barcajuolo, e chi quello della plebe minuta: e a seconda dei dialetti, spi-