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Pagina:Maturin - Melmoth, I, 1842.djvu/107

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ad alta voce, ed in un istante una eco moltiplice ripetè le sue parole; ma con suoni tanto selvaggi e discordanti, che involontariamente raccapricciando indietreggiò.

Il giorno si affrettava al suo termine e nessuno vedevasi entrare nel luogo ove il misero Stanton era rinchiuso. Rivolse per la prima volta lo sguardo verso la finestra, e vide che era chiusa con una inferriata. Questa sporgeva sul piccolo cortile, ove non vedevasi anima vivente: ahimè! quand’anco egli avesse veduto alcuno degli abitanti di quella casa, nulla poteva sperare da loro.

Stanton sentì opprimersi il cuore; si assise vicino a quella finestra e stava con impazienza aspettando il nuovo giorno. Verso la mezza notte si destò da una specie di sopimento, metà sonno metà stanchezza, perchè la durezza del sedile, ove erasi assiso, e del tavolino contro il quale erasi appoggiato, avea indubitatamente contribuito a prolungare.

L’oscurità era completa; l’orrore della sua situazione lo scosse ed in