Pagina:Maturin - Melmoth, I, 1842.djvu/372

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non ostante non potei a meno di continuare a parlare delle difficoltà insormontabili, che mi pareva si dovessero opporre alla mia fuga. Allora egli perdette la pazienza, ed incominciò a rinfacciarmi la mia timidezza ed ingratitudine; quando io lo vidi rispondere col suo tuono naturalmente feroce e minaccevole, sentii verso di lui una confidenza maggiore di quando aveva egli cercato di illudere. In que’ suoi discorsi parte di rimostranza, parte d’invettiva, spiegava tanta abilità, intrepidezza ed arte che io cominciai a provare una specie di dubbia sicurezza. Se non altro fui convinto, che se v’era al mondo un uomo capace di liberarmi, non poteva esser se non lui; il timore gli era onninamente sconosciuto. Egli non aveva alcuna idea della coscienza; quando parlava del delitto da lui commesso era che per infondere in altrui un’alta idea della sua audacia. Io me ne accorsi alla espressione della sua fisonomia, perchè senza volerlo, lo aveva guardato in volto; i suoi occhi non erano in modo alcuno ap-