Pagina:Maturin - Melmoth, I, 1842.djvu/384

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pareva che la luce divenisse di mano in mano più smorta. La mia immaginazione cominciava a turbarsi, quando udì le maledizioni, colle quali il mio compagno mi rimproverava la mia involontaria lentezza mi si affacciò per un momento l’idea, che io seguissi le vestigia di un demonio, che mi aveva sedotto, onde trascinarmi negli abissi.

Il nostro viaggio sembrava, che non dovesse avere più termine: il mio compagno volgeva a destra, a sinistra; s’inoltrava, retrocedeva, si arrestava (le sue fermate erano terribili!), quindi si avanzava di nuovo e prendeva un’altra direzione. Talvolta il passo era sì stretto, che per seguirlo io era obbligato di camminare con le mani e colle ginocchia, ed anco in tal positura io toccava la vôlta col capo. Era già trascorso un tempo considerabile, almeno secondo il mio calcolo (posciachè lo spavento non è buono calcolatore delle ore) quando il passaggio divenne così basso e stretto, che mi fu impossibile di procedere più oltre, e molte