Pagina:Maturin - Melmoth, I, 1842.djvu/386

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dere, e di lasciar libero il varco ai compagni. Dessi erano già di ritorno, e veggendosi arrestati da quell’invincibile ostacolo, con le fiaccole vicine a spegnersi, e la loro guida spaventata a segno di non poter dar loro alcun consiglio, mossi da quell’impulso d’egoismo, che un pressante pericolo non manca mai di apprestarci, proposero di tagliare a brani le membra dell’infelice creatura, che impediva loro il passaggio. Intese il misero la orribile proposizione, ed il suo corpo, contraendosi per una convulsione muscolare, rientrò nelle ordinarie dimensioni. Fu tratto fuori dalla posizione penosa in cui si trovava; ma era stato soffocato dallo sforzo, e quivi lasciato inanime. Cotesto fatto, che per raccontarlo esigerebbe del tempo, si affacciò tutto ad un tratto ed in tutta la sua estensione al mio spirito. Ma che dissi al mio spirito? ai miei sensi piuttosto: io non aveva più che delle sensazioni, e nessuno ignora che il dolor fisico quando arriva all’estremo grado, fa tacere in noi ogni altra facoltà.