Pagina:Maturin - Melmoth, II, 1842.djvu/18

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mio compagno fu veduta diffondere l’oscuro suo velo, si preparò con una prodigiosa energia alla nostra partenza. Con l’aiuto delle mie spalle e di alcune pietre, che sporgevano in fuori si arrampicò alla muraglia, aprì la bodola, disse che tutto era tranquillo, mi aiutò a salire presso di lui, e ben tosto con una contentezza indicibile io respirai di nuovo l’aria pura del cielo.

La notte era profondamente oscura, ed a segno che io non poteva distinguere gli alberi dagli edifizii, se non quando un leggiero venticello scuoteva le cime dei primi. Vado convinto che a quella benefica tenebra io son debitore della conservazione della mia ragione in quella circostanza. Se nell’abbandonare il soggiorno della oscurità, della fame e del freddo, io avessi tutto ad un tratto trovata e scorta tutta la maestà di una bella notte serena, il mio intelletto sarebbe in essa rimasto soccombente. Non oso dire a quale eccesso mi sarei abbandonato. Traversammo il giardino con tanta ve-