Pagina:Maturin - Melmoth, II, 1842.djvu/183

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finire, egli piegava il capo e rasciugava sulla sua fronte alcune goccie di gelato sudore, ed obliava per un momento la marca indelebile, che novello Caino portava seco dappertutto ma la profonda ed abituale tristezza della sua anima non tardava possessarsi di nuovo di lui. Egli sentiva il dente rettile, che non cessava un momento dal rodergli il cuore, ed il calore di quella fiamma che non si estingueva giammai. Egli rivolgeva lo splendore de’ suoi grandi occhi grigi sulla sola creatura, cui la loro espressione non avrebbe mai fatto fremere, perchè dalla innocenza renduta inaccessibile al timore. La contemplava attentamente, ma intanto la rabbia, la disperazione, la pietà gli laceravano a vicenda il cuore. Talvolta una lagrima espressa dalla umanità gli usciva dalle pupille, ma allora egli volgeva altrove lo sguardo e lo dirigeva verso il vasto Oceano, come se avesse voluto abbracciare il mondo intiero e trovare nell’aspetto della vita umana un qualche alimento al fuoco, che gli consumava le viscere.