Pagina:Maturin - Melmoth, II, 1842.djvu/200

Da Wikisource.

191

terribile, da cui era circondata, senza alcuna emozione nata da fisiche cause; finora il giorno e le tenebre erano state per lei la medesima cosa: amava il sole per la sua luce interminabile ed il fulmine nel passeggiero suo lampo. Piaceva a lei l’Oceano pel suo fragore sonoro e la tempesta per l’agitazione in cui poneva le foglie degli alberi; finalmente ella amava la tranquillità della notte e la placida luce delle stelle. Tale almeno Immalia era stata un tempo. Ora però lo sguardo di lei si fissava sulla luce, che cedeva il posto alle tenebre, a quelle tenebre contro natura, e che sembrano dire alla più bella delle opere della Divinità: ritirati, tu non brillerai più.

Le ombre dense e le nuvole simili ad un’armata, che ha riunite tutte le sue forze, si preparavano a combattere i dispersi raggi di luce, che ancor brillavano in cielo. Una sola fascia larga e di un color nerorosastro cingeva l’orizzonte. Il sordo rumore delle acque andava crescendo, e tra le piante incominciavasi ad udi-