Pagina:Maturin - Melmoth, II, 1842.djvu/52

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Quando fui interrogato di nuovo, dopo le consuete formule incominciarono a farmi delle interrogazioni artificiose, quasi fosse stato necessario usar degli artifizii per farmi parlare d’un soggetto, intorno al quale io desiderava ardentemente di spandere il mio cuore. Dichiarai dunque senza mistero, di essere stato nuovamente visitato da quell’ente misterioso: ripetei tremando ciascuna sillaba dell’ultima nostra conferenza senza tacere gl’insulti che aveva prodigati contro il Sant-Uffizio, i suoi sarcasmi, il suo ateismo dichiarato, tutta in somma la sua diabolica conversazione. I giudici sembrarono mossi dal tuono serio, con cui loro io favellava, e non tardai a discoprire, che io era divenuto per essi un oggetto di terrore, e che mi guardavano a traverso un’atmosfera di mistero e di sospetto. Ma quanto più si sforzavano di procedere nelle loro artificiose interrogazioni, tanto più queste mi diventavano inintelligibili. Io aveva detto tutto quello, che sapeva; avrei desiderato di dir tutto, ma