Pagina:Maturin - Melmoth, II, 1842.djvu/53

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non era possibile dire di più, e tanto maggiore era il mio dispiacere di non poter soddisfare ai miei giudici, perchè io ignorava assolutamente cosa essi volesse sapere da me. Quando fui rinviato alla mia cella fui prevenuto con la più solenne maniera, che so io d’ora innanzi avessi trascurato di ricordarmi, e riferire tutto quello che mi avesse detto lo straniero del quale pareva che convenissero di non potere impedire le visite, doveva aspettarmi di provare tutto il rigore del Sant-Uffizio.

Io me ne ritornai alla mia stanza in uno stato d’angoscia inesprimibile: più io cercava di giustificarmi, più rassembrava colpevole. La mia sola risorsa e la mia sola consolazione furono d’obbedire strettamente agli ordini del tribunale. Vegliai tutta la notte, ma non vidi comparire l’incognito. Verso la mattina mi addormentai, ma ahimè! qual sonno spaventevole fu il mio! Io sono convinto che nessuna vittima reale abbia mai tanto sofferto nell’esser condotta al supplizio, quanto io durante