Pagina:Maturin - Melmoth, III, 1842.djvu/162

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va, mi cagionarono più spavento, che maraviglia. Dopo qualche tempo Melmoth finalmente con voce debole e fioca mi favellò con questi termini: avvicinati.... ancora un poco. Io muoio... tu sai pur troppo quale è stata la mia vita. Io ho commesso il gran peccato degli angeli ribelli... sono stato orgoglioso della mia ragione... è questo il primo de’ vizii capitali... ho aspirato a delle cognizioni, che sono interdette.... ed ora me ne muoio... Io non ricerco già le cerimonie della religione. Non ho bisogno di parole, le quali vorrei, che non avessero senso... non mi guardare con codesto occhio compreso da orrore... ti ho fatto chiamare per esigere da te che tu tenga celata la mia morte al mondo intiero. Che nessuno sappia o come o dove io ho cessato di esistere. Di mano in mano, che egli parlava la sua voce divenne si chiara, sì energica che il tuono, che io non poteva persuadermi, che egli fosse realmente nello stato che diceva, e gli risposi io non saprei persuadermi