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228 memorie storiche della città

rone o di conte era riserbato al solo Imperatore, e quello della podestà giudiziaria doveva intendersi senza pregiudizio delle appellazioni nei casi permessi ai tribunali supremi dell’Impero. I casi, in cui era permesso in Trento d’appellare ai supremi tribunali dell’Impero, erano sol quelli delle cause civili, e non già delle cause criminali, nè quelli che riguardavano unicamente oggetti politici o economici, ed anche nelle cause puramente civili la facoltà d’appellare dalle sentenze del Consiglio aulico di Trento era ristretta a quelle sole cause, nelle quali il valor della lite eccedeva la somma di mille fiorini.

La suprema podestà de’ Principi Vescovi di Trento quanto ai diritti maestatici interni, ossia quanto all’interno governo del loro paese non era stata per le convenzioni vigenti coi Serenissimi Conti del Tirolo, come si è detto più sopra, punto scemata o diminuita, ma essi la conservarono intatta ed illesa in ogni sua parte. Quest’autorità però interna de’ Principi Vescovi pretendeva il Capitolo di Trento, che avesse in suo favore dei limiti in virtù della transazione seguita tra di esso, ed il Vescovo Principe Carlo Emanuele Madruzzo l’anno 1635; ma abbiamo già altrove osservato, che questa transazione era atta soltanto ad obbligare il Principe Vescovo Carlo Emanuele, con cui fu stipulata, e non mai i Principi Vescovi suoi successori. Il Principe Vescovo dunque di Trento non aveva