Pagina:Meomartini - I monumenti e le opere d'arte della città di Benevento.djvu/232

Da Wikisource.
206 arco traiano

sti; ma sventuratamente poco o nulla se ne discerne più per le gravi ingiurie sofferte. Rossi ritiene non solo che sia una donna, ma che sia addirittura la sorella di Decebalo, presa prigioniera da Massimo, generale di Traiano, nella prima guerra Dacica1.

Quegli che va a sinistra nel cocchio ha una catena ligata al polso sinistro.

Quindi vedonsi scolpiti due soldati romani, l’uno nel maggior rilievo e l’altro nel più basso, entrambi con tunica e clamide.

Alla loro destra è un altro prigioniero, con le mani strette sul dorso e con i calzoni all’uso dei Daci nella Colonna Traiana. Un soldato romano con clamide lo segue, e par che lo guidi. Rossi vede pure, in mezzo a questo gruppo, ma io non ve lo scorgo, un fanciullo barbaro con la sua veste detta sarcina.

Poi viene un altro soldato, simile nelle vesti al precedente, seguito da altra figura di militare con le cinghie incrociate sul petto siccome gli altri descritti da poco. Esso al presente è monco delle gambe, e poco riconoscibile nel volto.

A costui va appresso un militare in tunica e clamide, col capo laureato. Al suo fianco vedesi un uomo togato, col semplice sinus2, quindi un vessillifero, e dopo di questo un altro soldato in semplice tunica con atteggiamento speciale delle mani, quasi avesse retto qualche oggetto, che poi il tempo ha distrutto.

Seguono i soliti quattro portatori, recanti con barre sulle spalle la tavola, sulla quale è parte del tesoro. Questa è ornata sul fronte con festoni, e sostiene una massa, al presente quasi informe.

Poi vengono altri due militari; il primo è laureato, il secondo manca della testa e delle gambe.

Essi sono seguiti da un vessillifero. Alle spalle di costui vedesi un uomo dal capo laureato, scolpito in bassorilievo.

A diritta di lui procede un uomo togato, con la man destra reggente in petto il sinus della toga.

Quindi vedonsi altri quattro portatori con la solita tavola or-

  1. Sifilino, comp. di Dione, nella vita di Traiano.
  2. Pag. 75.