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Pagina:Meomartini - I monumenti e le opere d'arte della città di Benevento.djvu/278

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252 via egnazia—ponticello

di un’arcata e lo allargò. Altro ponte era quello della Maurella, i cui ruderi scorgonsi ancora su ambo le sponde a monte dell’attuale Ponte Calore. Tali ruderi veramente non sono di opera romana; ma che sia colà esistito un altro ponte è fatto sicuro, imperocchè da quel punto muoveva una via romana la quale dirigevasi verso la cappella di Santa Lucia, fuori Port’Aurea, un poco più a valle. Le tracce della qual via, fiancheggiata da tombe, furono scoperte ed esaminate da me allorquando, pochi anni or sono, ivi fu cavata la trincea della ferrovia per Avellino. Questo ramo s’innestava, sulla campagna a sinistra del Calore, tanto con l’Egnatia che con l’Appia.

Se è indubitato, dunque, che la via Latina, pervenuta al Ponte Fratto, staccava un ramo a destra per entrare immediatamente sulla contrada Cellarulo, e poi proseguiva di un altro bel tratto per cavalcare il Calore alla Maurella, e innestarsi alle vie Egnatia ed Appia, che menavano nei paesi degli Irpini e dei Dauni, devesi convenire con più sodo criterio che la città più antica sia stata situata laggiù, tra Porta S. Lorenzo e Cellarulo. Diversamente non saprebbesi spiegare la opportunità della costruzione di un altro ponte e del braccio di via per la Maurella.

La via Latina dovè essere più antica dell’Appia, e la sola comunicazione diretta tra Roma e queste contrade, pria che l’altra fosse estesa da Capua a Benevento.

La Tavola Peutingeriana non segna questa via diretta da Alife a Benevento, ma, ivi giunti, distacca un ramo a sinistra per Sepino, Sirpio1 e Benevento, ed un altro ramo di IX miglia a destra per Calatia sul braccio dell’Appia da Capua a Benevento per Caudio.


3. della via egnatia


Ho discorso della via più antica tra Roma e Benevento, ed ora che mi trovo d’esser pervenuto pel braccio della Maurella sulla sponda sinistra del Calore, fuori Port’Aurea, voglio continuare il cammino verso le Puglie, secondo il più antico cammino.

  1. Vedi pag. 249 di quest’opera.