Pagina:Metastasio, Pietro – Opere, Vol. I, 1912 – BEIC 1883676.djvu/342

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336 v - alessandro nell'indie


Cleofide. Eh! vadano in obblio
le passate vicende: ormai sicuro
puoi riposar su le tue palme.
 (si sente di dentro rumore d’armi)
Alessandro.  Ascolto,
strepito d’armi.
Cleofide.  Oh stelle!
Alessandro. Timagene, che fu?
Timagene.  Poro si vede
fra non pochi seguaci
apparir minaccioso.
Cleofide.  (Ah, troppo veri
voi foste, o miei timori!)
Alessandro.  E ben, regina,
io posso ormai sicuro
su le palme posar?
Cleofide.  Se colpa mia,
signor...
Alessandro.  Di questa colpa
si pentirá chi, disperato e folle,
tante volte irritò gli sdegni miei.
(Alessandro snuda la spada, e seco Timagene, e vanno verso il ponte)
Cleofide. L’amato ben voi difendete, o dèi. (parte)

Entrata Cleofide, si vedono uscir con impeto gl’indiani da’ lati della scena vicino al fiume. Questi assalgono i macedoni. Poro assale Alessandro: Gandarte con pochi seguaci corre sul mezzo del ponte ad impedire il passo all’esercito greco. E intanto che siegue la zuffa nel piano, alcuni guastatori vanno diroccando il suddetto ponte. Disviati i combattenti fra le scene, si vede vacillare e poi cadere parte del ponte. Quei macedoni, che combattevano su l’altra sponda, si ritirano intimoriti dalla caduta; e Gandarte rimane con alcuni de’ suoi compagni in cima alle ruine

Gandarte. Seguitemi, o compagni; unico scampo
è quello ch’io v’addito.
 (getta la spada ed il cimiero nel fiume)
  Ah! secondate,