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244 ix - demetrio


della sua fedeltá. Tutto pensai,

tutto, Olinto, io giá so.
Olinto.   Tutto non sai.
Giá da lunga stagion tacito amante,
all’amorose faci
mi struggo de’ tuoi lumi...
Cleonice.   Ah! parti e taci.
Olinto. Come tacere?
Cleonice.   E ti par tempo, Olinto,
di parlarmi d’amor? (s’alza da sedere)
Olinto.   Perché sdegnarti
s’io, chiedendo mercé...
Cleonice.   Ma taci e parti.
Olinto.   Di quell’ingiusto sdegno
     io la cagion non vedo:
     offenderti non credo,
     parlandoti d’amor.
          Tu mi rendesti amante;
     colpa è del tuo sembiante
     la libertá del labbro,
     la servitú del cor. (parte)

SCENA II

Cleonice e poi Barsene.

Cleonice. Alceste, amato Alceste,

dove sei? Non m’ascolti? Invan ti chiamo;
t’attendo invan. Barsene, (a Barsene che sopraggiunge)
qualche lieta novella
mi rechi forse? Il mio diletto Alceste
forse tornò?
Barsene.   Volesse il cielo! Io vengo,
regina, ad affrettarti. Il popol tutto
per la tardanza tua mormora e freme.